Fuori tempo
L’esplorazione (un’intera giornata !) di Paris-Photo 2012 è stata per me una vera miniera di stimoli e riflessioni. Una autrice francese mi ha colpito subito, all’inizio della visita, il 18 novembre scorso. Isabelle Le Minh (classe 1965) si potrebbe definire una artista concettuale. Nella serie esposta dalla Galleria Cristophe Gaillard (Trop tôt, trop tard” – after Henry Cartier-Bresson – 2008) ha lavorato su alcuni testi classici della fotografie, le immagini di Cartier Bresson, destrutturandone la componente temporale: infatti il famoso “istante decisivo” viene cancellato da un paziente lavoro di fotoritocco. Il progetto è stato sostenuto dalla fondazione HCB che tutela il patrimonio iconografico dell’autore. Le immagini sono state presentate come stampe Fine Art (in francese: stampe agli inchiostri pigmentati), formato A2 su carta baritata, tiratura e presso non esposti. Scrive Le Minh: ” Henri Cartier bresson è stato un modello per molti che si avvicinavano alla fotografia verso la fine degli anni ’80, per i quali il rispetto di alcune regole quali l’ “istante decisivo”, la composizione bilanciata e il bordo nero sulla stampa (prova che la foto non era stata “re-inquadrata”) erano garanzie di riuscita dell’immagine. Dal momento che Photoshop consente, con l’utilizzo di alcuni strumenti (ad esempio “toppa” oppure “pennello correttivo” NDR), di recuperare molte imperfezioni e di ricomporre l’immagine secondo le proprie preferenze, potrebbe sembrare obsoleto approcciare la fotografia seguendo questo tipo di regole. Quasi per fornirne una dimostrazione al contrario ho pensato di cancellare tutto ciò che attesta il “momento decisivo” da una selezione di sue fotografie. Ho anche scelto una presentazione il più possibile simile a quella della stampa originale. (…) . Instaurando un nuovo rapporto con il tempo, il risultato mostra una lettura inedita delle sue opere: mette in evidenza una scelta di configurazioni topografiche legate alla scelta di punti di vista molto particolari (così si spiegano anche le masse enormi formate dalle ombre) e sottolinea la geometria della composizione. Si racconta così anche qualcosa dell’universo del fotografo, si può immaginare il suo errare alla ricerca di un luogo ideale dove appostarsi in attesa del momento propizio ad azionare l’otturatore. L’universo di Cartier-Bresson così ricostruito sprigiona, mi sembra, una strana sensazione di solitudine”. Dopo aver visto la “destrutturazione” sono tornato a guardare le foto di Henri Cartier-Bresson (talmente note che alla fine non si guardano neanche più con attenzione) con occhi completametne diversi. Mi sembra un bel caso di uso del Photoshop con finalità di studio. Arte concettuale che ci spiazza, ci porta a considerare un pre-testo fotografico che viene ricostruito grazie alla tecnologia digitale.

a sinistra la foto originale di HCB, a destra la destrutturazione operata da Isabelle Le Minh rimuovendo l’istante decisivo
Nn comprendo e non condivido il senso di questa operazione. Semmai, ma non so dire come, bisognava aggiungere un elemento e non cancellare l’essenza della foto. Lo sapevamo già tutti che sarebbero state vuote senza quell’attimo fuggente.
Grazie per la segnalazione. Quella di Le Minh è una bellissima operazione che si presta, oltre a quanto già messo in evidenza dalla fotografa, anche ad ulteriori riflessioni sul tempo in fotografia.
Come, ad esempio, il fatto che ogni scatto sia, in fondo, solo uno tra gli infiniti universi (visivi e fenomenici) possibili. Con tutte le conseguenze che se ne possono trarre …
Grazie Enrico, bella osservazione ! hai colto nel segno ….
Grazie per la segnalazione. Quella di Le Minh è una bellissima operazione che si presta, oltre a quanto già messo in evidenza dalla fotografa, anche ad ulteriori riflessioni sul tempo in fotografia.
Come, ad esempio, il fatto che ogni scatto sia, in fondo, solo uno tra gli infiniti universi (visivi e fenomenici) possibili. Con tutte le conseguenze che se ne possono trarre …
molto interessante, proprio alla luce dell’ovvia parzialità dell’inquadratura di cui ogni foto è frutto. Peraltro questa operazione dimostra quanto e come i software digitali possano assurgere a strumenti di studio e di analisi della fotografia.